La vicenda politica ed umana della Arciduchessa Maria Luisa d’Asburgo-Lorena

 VICENDA POLITICA E UMANA DELLA ARCIDUCHESSA MARIA LUISA D’ASBURGO-LORENA, FIGLIA DELL’IMP. FRANCESCO I D’AUSTRIA, IMPERATRICE DEI FRANCESI E POI DUCHESSA DI PARMA

Non è possibile effettuare una visita a Parma senza associarla emotivamente ad una presenza del passato che ancor oggi, a distanza di 200 anni, viene onorata con gratitudine ed affetto dagli abitanti della città e più in generale dagli abitanti dei territori che appartennero al Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla. Si tratta di Marie Luise d’Asburgo-Lorena, la Duchessa nota come la Maria Luigia, che dimostrò di possedere una personalità forte, coraggiosa e moderna, grazie alla quale superò con successo molte difficili e talvolta dolorose prove che la vita le aveva riservato.

Maria Luisa è soprattutto nota come la seconda moglie dell’Imperatore Napoleone Bonaparte in contrapposizione alla prima moglie, la storicamente ben più profilata ed intrigante Josephine de Beauharnais, vedova del Generale Beauharnais ghigliottinato durate la Rivoluzione francese, alla quale Napoleone molto doveva per la propria ascesa grazie alle entrature di quest’ultima ma con il difetto di non avergli potuto dare un erede. Dopo le devastanti vittorie di Napoleone contro l’Austria ad Austerlitz e Wagram, l’Imperatore Francesco d’Asburgo, padre della poco più che 18enne primogenita Maria Luisa, aveva acconsentito di darla in sposa all’odiato francese, che nel frattempo si era divorziato, quale pegno di una ritrovata stabilità in Europa e della sopravvivenza del proprio trono e per prevenire un eventuale connubio tra Napoleone ed una Principessa Romanoff. l due sposi non si conoscevano se non attraverso ritratti scambiati tramite gli Ambasciatori deì due Paesi. Quando, su incarico di Francesco, il Cancelliere Metternich comunicò all’ignara Maria Luisa l’opportunità di un suo matrimonio con Napoleone, questa accettò con serena rassegnazione la decisione paterna nel tradizionale spirito di servizio per la dinastia e per il Paese tipico dei membri della Casata degli Asburgo.

Natisi che Maria Luisa era pronipote dell’infelice Maria Antonietta, la sorella della propria nonna Maria Carolina che aveva a sua volta sposato Ferdinando I di Barbone, Re delle Due Sicilie. Maria Luisa era nata due anni dopo che la zia aveva perso la testa a Parigi sulla ghigliottina. Con queste poco incoraggianti premesse Maria Luisa partiva per la Capitale francese per raggiungere il proprio potente sposo, di lei più anziano di oltre 20 anni. Il matrimonio era stato celebrato a Vienna per procura nella Cappella Reale della Augustine Kirche 1111 marzo 1810 ed il fido Maresciallo Luois Berthier vi aveva assolto il ruolo di rappresentante dello sposo. Nel viaggio Maria Luisa era accompagnata da numerosi dignitari francesi; tra essi la sorella di Napoleone, Carolina, moglie del Maresciallo Gioacchino Murat, futuro Re di Napoli, con la quale si sviluppò nel tempo una sincera simpatia.

L’incontro tra i due sposi awenne nei pressi del confine francese a Compiègne e, secondo quanto riferito, contrariamente ad ogni più pessimistica previsione, tra di essi scattò subito la chimica giusta. Dall’intensa ed appassionata corrispondenza tra l’Imperatore e l’Imperatrice nei lunghi intervalli in cui Napoleone era lontano da Parigi per le sue imprese belliche, nonché dalle lettere che Maria Luisa inviava ai propri familiari in Austria, si evince che i due si amassero molto. Oltretutto, da quanto risulta, Napoleone si mostrava in privato estremamente attento e carino nei confronti della moglie, cercando di venirle incontro in tutti i desideri; tutto l’opposto del modo di essere e di condursi nella vita pubblica. La giovane Imperatrice, abituata alla risaputa austerità della Corte austriaca, si trovò subissata da ogni genere di sfarzo nella Parigi dell’epoca, come ad es. per il sontuoso vestiario e per i gioielli per i quali venivano spese vere fortune, e coinvolta in continui ricevimenti, presentazioni ecc.. Di per sé, Maria Luisa, non abituata a tutto questo fasto, rimaneva la giovane principessa inesperta e sensibile, e fronteggiava una situazione più grande di lei con atteggiamento spesso evasivo e poco comunicativo, talvolta preso per altezzoso. Aveva a sua diposizione una sua Corte e, per volere di Napoleone, quale Dama d’onore la Duchessa di Montebello, vedova del Maresciallo Lannes che aveva inutilmente cercato di indurlo a più miti consigli nella gestione della sua politica internazionale e poi caduto nella battaglia di Essling. Finalmente, dopo una prima gravidanza conclusasi prematuramente, Maria Luisa aveva dato alla luce il 18 marzo 1811 il tanto sospirato erede, subito ricoperto del titolo di “Re di Roma”. I festeggiamenti a Parigi e nella Francia tutta furono straordinari. Se poi si trattasse veramente di figlio legittimo, cosa che all’epoca non era irrilevante, ad es. ai fini ereditari, resta in discussione. Va infatti ricordato che Papa Pio VII si era opposto al divorzio di Napoleone da Josephine, tanto che egli fu deportato per rappresaglia. Napoleone ottenne comunque ugualmente un divorzio, alquanto forzato, grazie ad un Sinodo dei Vescovi francesi da lui fatto convocare a tal fine.

Sembra peraltro che l’Imperatrice fosse piuttosto tagliata fuori dalla vita reale per volere dello stesso Napoleone e quindi non completamente consapevole della gravità dei rovesci militari francesi prima nella Campagna di Russia del 1812 e poi nella Battaglia di Lipsia del 1813. Nel 1814, con la ripresa delle attività belliche degli alleati sul suolo francese, malgrado quella che è considerata una delle più brillanti campagne militari di Napoleone, la situazione si rese insostenibile di fronte alle soverchianti forze nemiche. Per volere dell’Imperatore, Maria Luisa, nella sua qualità di Reggente di Francia, dovette ritirarsi col figlio verso la Loira con la Corte ed un contingente di 20.000 uomini prima che Parigi fosse occupata, sperimentando tra l’altro la cupidigia e doppiezza di tanti personaggi nel momento della difficoltà. In effetti essa avrebbe voluto restare a Parigi, nella convinzione di poter ottenere, oltre all’ammirazione dei nuovi compatrioti, migliori condizioni dagli alleati nella sua qualità di figlia dell’Imperatore d’Austria facente parte della coalizione nemica, e così proteggere anche meglio le aspettative dinastiche per il Re di Roma. Napoleone dovette abdicare a favore di quest’ultimo, ma senza successo, e fu relegato dal Congresso di Vienna all’Isola d’Elba. Maria Luisa dovette, a sua volta, tornare a Vienna col figlio in una situazione ibrida e penosa e con la sua residua Corte di dignitari ed educatori francesi capeggiata dal fidato Segretario particolare di Napoleone, Meneval, circondata da sospetti e restrizioni e relegata a Schoenbrunn. A seguito della fuga di Napoleone dall’Elba, l’imperatrice dovette peraltro rinunciare a questa presenza, considerata pericolosa perché ritenuta suscettibile di rafforzare nel Re di Roma i sentimenti filo-francesi inculcatigli nel ricordo della gloriosa avventura paterna. Si tentò anche di indurre Maria Luisa al divorzio. Con il sostegno della nonna Maria Carolina, moglie di Ferdinando I Re delle due Sicilie nonché cattolica tradizionalista ed ammiratrice malgrado tutto di Napoleone, essa si oppose all’idea nel rispetto del figlio che continuò ad allevare nell’amore paterno anche quando, dopo Waterloo, egli fu definitivamente relegato a Sant’Elena.

Intanto il Congresso di Vienna rivedeva l’assetto europeo con un’impostazione legittimista. Maria Luisa avrebbe voluto per sé e per il figlio il Granducato di Toscana, ritenuto peraltro troppo vicino all’Elba… La scelta cadde, non senza difficoltà, sul piccolo Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, rivendicato anche dai precedenti reggitori borbonici. Il Ducato le fu peraltro assegnato solo a titolo personale, senza prospettive di successione per il figlio che si cercava di trasformare in un principe austriaco, tanto da utilizzare nei suoi confronti il secondo nome di Franz (nome del nonno, Imperatore d’Austria) in luogo di quello di Napoleone. A titolo risarcitorio, la madre, pur addolorata, riuscì ad ottenergli il conferimento del titolo di Duca di Reichstadt, territorio della Boemia ricco di considerevoli rendite.

Il 19 aprile 1816 Maria Luisa, lasciando con rammarico il figlio a pur fidati istitutori, raggiunse, dopo aver sostato nell’amato Palazzo Ducale di Colorno, Parma acclamata dalla popolazione ed animata da buoni propositi. Era accompagnata dal Generale Adam Conte Von Neipperg, nominato Amministratore del Ducato. Questi  si era già distinto in precedenza come uomo d’armi ed anche come diplomatico quale Ambasciatore a Stoccolma e, dopo l’esilio di Napoleone all’Elba, le era stato affiancato quale consigliere. Aveva inoltre negoziato con Murat, in cambio del riconoscimento austriaco di Re delle Due Sicilie, la messa a disposizione da parte napoletana di 30.000 soldati per affiancare la campagna antinapoleonica del 1814, e combattuto contro l’esercito napoletano dello stesso Murat, quando questi aveva iniziato in Italia una sfortunata campagna parallela a quella di Napoleone durante i Cento Giorni, culminata nel Proclama di Rimini per l’Unità dell’Italia.

Maria Luisa era consapevole che il Ducato fosse in dissesto finanziario, l’economia molto sofferente e la povertà dilagante, come in gran parte della Penisola, anche a causa del precedente blocco continentale, della politica dei dazi e di altre misure vessatorie praticate a suo tempo dalla Francia. Si rivelò peraltro una governante dinamica e paternalista nella migliore tradizione asburgica. Riuscì in breve tempo a rianimare l’economia del Ducato, anche favorendo importanti interventi nel settore delle opere pubbliche. Analogamente si adoperò per la diffusione della cultura con la promozione di nuove istituzioni quali e la realizzazione del grandioso Teatro di Parma, per consentire non più solo ai ceti aristocratici di usufruire di tale opportunità. La popolarità ed il rispetto nei suoi confronti si accrebbero altresì per lo spirito di tolleranza che ne ispirò la linea politica perfino nei confronti dei sudditi sospettati o accusati di appartenere alla Carboneria, con grande irritazione degli ambienti reazionari di Vienna, a cominciare dal Metternich, e dei sovrani italiani legati a filo doppio all’Austria. Durante i moti rivoluzionari del 1820-1821, innescati in tutta Europa dal rifiuto della flotta di Cadice di partire alla volta del Sud America per reprimere la lotta avviata dal Libertador Simon Bolivar per affrancare le Colonie dalla Spagna, Maria Luisa, anche allo scopo di preservare la pace interna, dette asilo ai propri cittadini perseguiti per Carboneria in altri Stati italiani, assicurandosi che venissero eventualmente applicate loro pene più miti. Proibì l’uso della tortura per estorcere confessioni e rese nulle nel Ducato sentenze basate su confessioni di terzi ottenute con tale mezzo, abolendo de facto la pena di morte. Si preoccupò inoltre di assistere le famiglie dei condannati. Fu accusata di aver instaurato uno Stato costituzionale e perfino di partecipare ad una cospirazione internazionale per divenire Regina d’Italia. Ironicamente il sanguinario cugino Francesco IV, Duca di Modena, le attribuiva l’appellativo dispregiativo di “Presidentissima della Repubblica di Parma”. Si rifiutò infine, per ovvii motivi, di autorizzare il transito dell’esercito austriaco inviato a reprimere la Rivoluzione napoletana.

Nel campo del diritto di famiglia introdusse una legislazione talmente avanzata per quei tempi, da fare del Ducato lo Stato cattolico più moderno in materia del Sud Europa. Equiparò, tra l’altro, il ruolo dell’uomo e della donna in ambito familiare ed abolì l’odiosa discriminazione dei figli illegittimi, anche per quanto riguarda i diritti successori. Tutte misure che non si ritrovano neanche nel Codice Napoleonico, che rappresentò peraltro un arretramento rispetto alle conquiste in materia della Rivoluzione francese. Ma forse in questo potrebbero non essere state del tutto estranee le vicende personali. La Duchessa nascondeva infatti un per lei terribile segreto. Il Generale Neipperg si era dimostrato sin dall’inizio un consigliere devoto, intelligente e rispettoso. Era già vedovo e padre di alcuni figli. In Maria Luisa, che aveva in passato sopportato con rassegnazione i numerosi tradimenti di Napoleone, si era nel frattempo cominciato ad affievolire, soprattutto dopo la fuga dall’Elba, l’incondizionato rispetto per la sua immagine, in considerazione degli ulteriori innumerevoli ed inutili lutti che avrebbe inflitto non solo ai suoi nemici ma anche alle famiglie di una Francia già spossata economicamente da tante guerre. La frequentazione di Maria Luisa con il nuovo mentore si era trasformata già prima della propria nomina a titolare del Ducato italiano in qualcosa di più. Ma la morte di Neipperg, awenuta a Parma il 22 febbraio 1829, ed i cui funerali solenni si celebrarono nella Basilica di S.M. della Steccata (ove è sepolto), rese necessario fare il possibile per evitare lo scandalo. I due amanti, che avevano contratto in segreto matrimonio morganatico pochi mesi dopo il decesso di Napoleone, avevano avuto due figli, Albertina (1817) e Guglielmo (1819), della cui esistenza mantenevano il massimo segreto grazie a persone particolarmente fidate. Maria Luisa aveva fatto costruire per loro la dépendance di Fedolfi nei pressi della Residenza di Casino dei Boschi, alla periferia di Parma, dove essa si recava per incontrarli. Erano affidati per essere allevati al Cortigiano dottor Giuseppe Rossi e alla governante svizzera Marianne De Pury de Neuchatel, che chiamavano Papa e Mama, mentre i genitori, ai quali si rivolgevano con l’appellativo di Signore e Madame, apparivano solo come premurosi benefattori. La morte di Neipperg e l’apertura del testamento da lui redatto, non consentiva più di nascondere la spinosa realtà di cui veniva messo al corrente l’Imperatore Francesco. In particolare, poiché il concepimento era avvenuto quando Napoleone era ancora in vita, e comunque fuori dal matrimonio, si trattava soprattutto di non far trapelare la reale data di nascita dei due figli avuti dalla coppia, punto su cui tutta la famiglia imperiale si impegnava a mantenere il segreto. Un ulteriore motivo di angoscia era poi rappresentato dalla reazione che avrebbe potuto avere il Duca di Reichstadt, anch’egli tenuto fino allora interamente all’oscuro della questione. Come per i figli di primo letto, anche per Guglielmo ed Albertina egli non mostrò disapprovazione verso la madre che amava ed ammirava e di cui avvertiva la lontananza. Lo stesso Imperatore Franz, in riconoscimento degli importanti servigi resi dal defunto alla Corona, elevava in un secondo momento la condizione delle due “creature” (Wesen), non osando chiamarli inizialmente nipoti, a Conti di Montenuovo (la traduzione italiana del cognome paterno). Maria Luisa, dal canto suo, dovette ben presto fronteggiare le conseguenze interne di una nuova ondata di moti scatenatisi in gran parte dell’Europa tra il 1830 ed il 1831 a seguito della conquista dell’indipendenza della Grecia dalla Turchia e della rivoluzione che su tale scia aveva portato all’indipendenza del Belgio dai Paesi Bassi ed alla caduta dei Carlo X in Francia a favore della Monarchia costituzionale di Luigi Filippo di Borbone. Questa volta gli stessi ambienti aristocratici che un tempo la Duchessa aveva coperto istigarono apertamente alla rivolta ed ella dovette organizzare una fuga rocambolesca con la famiglia e pochi fidi a Piacenza che non vi aveva aderito e che era presidiata da un contingente militare austriaco. Ben presto, di fronte all’incapacità dimostrata dal Governo Provvisorio che vi si era insediato, a Parma prevalse la nostalgia per la sovrana che fece ritorno nel silenzio commosso e riconoscente della popolazione. Certo il sentimento antiaustriaco era forte e diffuso ma quello della Duchessa era un caso a parte. Anche in questa occasione Maria Luisa, al contrario di tanti altri sovrani della Penisola, preferì mostrarsi clemente, alleggerendo le condanne e favorendo in certi casi l’espatrio clandestino dei rivoltosi. Per di più a questi fatti seguì un pauroso terremoto che colpì poco dopo la regione, mettendo a dura prova le già esangui finanze dello Stato, anche a causa delle grandi opere poste in essere nel Ducato in quegli anni al fine di stimolare l’occupazione. A ciò si aggiunse una devastante ondata di colera che costrinse ad adottare le misure dei cordoni sanitari e quarantene ancor oggi impiegate. Per finanziare gli aiuti, la Duchessa fece tra l’altro fondere la preziosa toilette d’argento dorato regalatale dalla città di Parigi per le nozze con Napoleone. Tutto ciò contribuì a limitare a solo sei le visite effettuate fino allora da Maria Luisa a Vienna. Né esse erano incoraggiate da Metternich che cercava in tutti i modi di isolare il Duca di Reichstadt. Questi cresceva infatti nell’insopprimibile e preoccupante mito del padre, mostrando notevoli doti intellettuali e grande interesse per le questioni e la vita militare, tanto da esserne stata ventilata l’ascesa al trono di Grecia o del Belgio e dai bonapartisti francesi a quello di Francia al posto del detronizzato Carlo X di Borbone. Ma le sue ambizioni non dovevano realizzarsi. Da tempo malato per gravi  problemi polmonari, forse trascurati, fu raggiunto a Schoenbrunn dalla madre poche settimane prima che spirasse la notte del 22 luglio 1832 a solo 21 anni di età.

Lei stessa lamentava notevoli problemi di salute ma la sua consolazione era rappresentata soprattutto dai sinceri sentimenti di affetto che la legava ai suoi figli ed ai buoni rapporti che si erano instaurati tra questi e quelli di primo letto di Neipperg, oltre che dalla progressiva accettazione alla Corte di Vienna di quelli da lei avuti con lo stesso Neipperg. In particolare Guglielmo vi era stato nominato Ciambellano. inoltre l’amata Albertina era andata in sposa in un matrimonio d’amore al Conte Luigi Sanvitale di Fontanellato, appartenente a quella aristocratica famiglia nella quale non mancavano patrioti che Maria Luisa aveva salvato, quali lo zio Jacopo espatriato a Londra, e risiedeva nel loro Rocca Sanvitale di Fontanellato (ed è oggi sepolta nella Chiesa dell’Abbazia di S. Giovanni Evangelista a Parma).

Ma nuove prove attendevano Maria Luisa, quando il Ducato fu inevitabilmente coinvolto molto più seriamente dai moti rivoluzionari del 1845 che sconvolsero l’Europa e l’Italia intera, quest’ultima sull’ala dell’entusiasmo delle riforme volute nello Stato Pontificio dal giovane Pio IX e dalle Opere del giovane Verdi (e Donizetti) che ella aveva personalmente conosciuto e che apprezzava sebbene ne considerasse il genio musicale limitato, per esempio rispetto a Wagner, perché, secondo lei, legato ad aspetti contingenti. In tale occasione, assente a Vienna per motivi di salute, e senza il suo consenso, la repressione nel Ducato orchestrata dal gentiluomo Charles-René de Bombelles, affiancatole dall’immancabile Metternich, che aveva preso il posto del Neipperg anche nel suo cuore, avendo contratto con lui matrimonio morganatico nel 1834, fu ben più dura che nel passato, e vi vennero eseguite varie sentenze capitali. Peraltro al suo ritorno Maria Luisa si dimostrò ancora una volta magnanima e si preoccupò di assistere, anche di tasca propria, le famiglie che avevano sofferto per la perdita dei loro cari. Si spense serenamente nel rimpianto dei sudditi a Parma il 17 dicembre 1847 a 57 anni, ed i funerali solenni furono celebrati nella Chiesa di San Ludovico che aveva trasformato nella Cappella Palatina della Corte. Riposa nella Cripta dei Cappuccini degli Asburgo a Vienna.

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Già sotto i precedenti reggitori, i Farnese ed i Barboni, Parma si era candidata a diventare una città di grande rilievo culturale e si era addirittura proposta quale piccola Parigi del Nord Italia. Si può quindi considerare che le tante migliorie introdotte da Maria Luisa si inseriscano in questa dinamica positiva, che fa oggi di Parma e Piacenza, e loro Province, città particolarmente fiorenti.

Come già in precedenza accennato, grande fu l’impegno di Maria Luisa sostenuto, anche di tasca propria, per miglioramenti infrastrutturali e del sistema viario del Ducato, cosa assai importante data la strategica posizione di crocevia tra Italia settentrionale e centrale. Possono citarsi in proposito i ponti sui fiumi Adda, Taro, Trebbia, Stirone e Nure, ed il collegamento stradale di Parma con il Porto di La Spezia. Inoltre prowide al restauro ed abbellimento di chiese ed edifici storici, tra i quali va menzionato il Palazzo Ducale, distrutto durante la guerra dai bombardamenti alleati, ed il Palazzo della Riserva, ove venivano alloggiati ospiti di riguardo ed ora sede del Museo Glauco Lombardi dedicato alla sua memoria.

Altrettanto importante fu il suo impegno in campo culturale. Oltre alla costruzione del grandioso Teatro Regio durata dal 1821 al 1829, e per il miglioramento dei cui musicisti e cantanti assoldò per due anni Nicolò Paganini, va ricordata la fondazione di scuole, anche per poveri, bambine, sordomuti, musei, biblioteche, accademie, istituzioni culturali ed un’Accademia militare. Al Teatro Ducale si esibirono in sua presenza le grandi Giuditta Pasta e “Romeo e Giulietta” e Giuseppina Strepponi Verdi le dedicò l’Opera “I Lombardi alla Prima Crociata”, mentre il Canova le dedicò la Statua che la raffigura nelle sembianze della Concordia.

Ma fu forse in campo educativo e sociale, oltre che in quello del diritto di famiglia, che rifulse la sua attività per originalità e modernità volta al miglioramento della condizione umana, per cui è ancora celebrata come “La Buona Duchessa”. In proposito va ricordata la fondazione di ospedali a Parma e Piacenza, ospizi per poveri, ostelli e pensioni, case e ricoveri per anziani, ragazze madri ed orfani.

Vittorio Tedeschi

Biografia basata sul libro “NAPOLEON’S OTHER WIFE The story of Marie-Louise, Duchess of Parma, the ‘esser known wife of Napoleon Bonaparte” della scrittrice Deborah Jay – Ed. Rosa’s Press

 

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